Aida, Milano, Gennaio 2007

 

 

La stagione del Teatro alla Scala 2006/7 si è aperta lo scorso 7 dicembre in modo più clamoroso del solito. In cartellone  "Aida" di Giuseppe Verdi in un'edizione super lusso: grandi firme per la regia (l'esteta Franco Zeffirelli) e per la coreografia (il valoroso Vladimir Vassiliev) e grandi nomi per il tenore (Roberto Alagna) e per il primo ballerino étoile (Roberto Bolle). Seguendo la diretta radiofonica mi ero resa conto che il pubblico era stato freddo sino alla scena del trionfo e in particolare solo alla fine del balletto aveva tributato un'ovazione interminabile al Divino e alla sua partner Myrna Kamara. Nei giorni successivi non si era parlato d'altro che dell'abbandono di Alagna e del plastico magnetismo di Bolle. Come conseguenza del gesto del divo francese la trasmissione televisiva viene rimandata e per soddisfare la mia curiosità sullo spettacolo non mi resta che cercare di assistere ad una delle repliche. Purtroppo le circostanze mi obbligano a tentare la sorte in una sola serata, fredda come non mai per chi come me si assiepa davanti alla biglietteria in attesa di un posto last-minute.
Mancano solo 5 minuti all'inizio dello spettacolo e non si è liberato nulla. Mi allontano delusa e con i piedi intorpiditi dal gelo quando mi si avvicina una fata, che con grande generosità mi mette tra le mani il suo biglietto di galleria faticosamente guadagnato con la coda dalla mattina. Lei va a rifugiarsi nel caldo di un bar e io salgo a rotta di collo fino all'ultimo piano.

La prima cosa che colpisce in questa messa in scena è l'opulenza e la ricercatezza decorativa, a cui però non corrisponde un'adeguata compagnia di canto. Alagna non fa più parte del cast, il nuovo interprete è vocalmente bravo, ma nè lui nè le sue colleghe sono in grado di adattarsi alla ricca cornice, per la staticità, per la mancanza di carisma, per la presenza insignificante. Il tutto risulta uno spreco di bellezza e un ammasso di noia. Poi incomincia la scena del trionfo e il palcoscenico diventa una bolgia di coristi e figuranti, un brulicare informe e debordante.
Poi il Divino piomba in scena e tutto diventa chiaro: solo la sua presenza ha un senso estetico pari al resto. La sua partner non è più Myrna Kamara ma Beatrice Carbone. La coreografia ha un che di tribale, tranne alla fine quando Roberto deve sfoggiare i suoi meravigliosi tour in attitude alla seconda, di rara purezza e perfezione classica. Ovviamente il pubblico è in delirio!

Per me è arrivato il momento di restituire il posto alla generosa creatura che me l'ha ceduto. Scendo dal magico e caldo loggione e mi ritrovo nella gelida piazza. Con passo frettoloso mi dirigo alla fermata del tram mentre nella mente aleggiano le immagini di un meraviglioso corpo dipinto di bruno con tocchi dorati.

Susy

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