Conferenza, Firenze, Aprile 2011

 

Sono ancora elettrizzato per avere assistito all'intervento di Roberto al Convegno Unicef che si tiene in questi tre giorni nella mia città.

Sono arrivato alla stazione di Santa Maria Novella, proveniente direttamente dal lavoro, (sciopero dei treni permettendo) alle 17.30: tutto è organizzato per essere presente all'apertura del convegno.

Villa Vittoria, sede dell'inaugurazione, è distante dalla stazione solo 50 metri, per cui arrivo in 5 minuti all'ingresso: due ragazzi della sicurezza mi vogliono fermare perché non ho il badge della registrazione. Li guardo storti e dico loro che sono di Firenze e che NON ESISTE che io non assista alla inaugurazione: mi fanno passare. Entro in Villa e scendo nell'auditorium; è gremito di persone mentre bandierine azzurre sono dappertutto. Guardo nelle prime file e lo vedo: il Divino è proprio inconfondibile (o siamo noi che lo riconosceremmo tra mille persone?). Dopo l'intervento del sindaco di Firenze, del presidente di Unicef-Italia e del figlio di Audrey Hepburn, Giovanna Zucconi pronuncia il nome "Roberto Bolle" e l'auditorium viene giù per gli applausi. Scattano flashes dappertutto e si accendono centinai di digitali.... Roberto sale sul palco, sorride e conquista tutti, Giovanna lo invita a sedersi ma si leva un urlo, tutti lo vorrebbero in piedi, non si può, si siede e inizia l'intervista. La giornalista è più a disagio di Lui: effetto Bolle?????

Solite domande, da quando sei ambasciatore Unicef, cosa ne pensi dell'Unicef e così via, poi si entra nel vivo: i suoi viaggi nel Sud Sudan (con l'accento sulla a) e in Centrafrica. Scorrono le immagini del viaggio: sorrisi, abbracci, carezze, fanciulli in braccio a Roberto che ridono e scherzano. Tanta tanta umanità traspare da ogni gesto del Divino, ma questo a noi non giunge inaspettato: lo conosciamo troppo bene. La Zucconi gli chiede che cosa l'Africa gli ha regalato e Roberto risponde di essere cresciuto ulteriormente: ciò che ha visto con i propri occhi lo ha maturato e queste esperienze fanno parte ora del suo vissuto personale, afferma senza problemi che se lui è quel che è, lo deve anche al fatto che ha visto la sofferenza con i suoi occhi. Racconta poi l'episodio durante il quale un bambino soldato si è intrattenuto con lui raccontandogli i suoi pochissimi anni di vita trascorsi tra violenze, miserie, sangue e guerra, e nonostante quello, ricorda Roberto, da lui traspariva una gran voglia di vivere. Roberto, sensibilissimo come sempre, è commosso, noi con lui, io mi sto sciogliendo e l'auditorium è in Africa, al completo, con Roberto... ma il sogno dura troppo poco. Il presidente di Unicef-Italia ci riporta con i piedi per terra, ricordando quanto Roberto sia importante per L'Unicef, nonostante sia sempre così pieno di impegni e talora appaia inafferrabile (scoperta dell'acqua calda!!! lo sappiamo da sempre), e poi se lo porta via. Inizia l'operazione pedinamento: alla fine lo ritrovo nella hall, mentre quattro energumeni gli stanno attorno. Mi avvicino ma non più di tanto, lo chiamo, si gira, gli dico: i tuoi bollerini sono qui, mi fa un sorriso, poi fugge via, su una Mercedes nera, dai vetri anneriti, come si conviene alle grandi stars: il sogno è davvero finito, Roberto non c'è più, ma è rimasta la sua umanità, è rimasta la sua sensibilità nel mio cuore, come sempre. Noi Bollerini c'eravamo!

Giuseppe

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