Faccia a faccia, Milano, Dicembre 2006
Siamo sedute in 4.a fila in sala Buzzati. Roberto
entra da sinistra. Ha una t-shirt nera, giacca nera e jeans. Si siede
proprio di fronte a noi mentre ai lati vengono proiettate delle sue foto
che lui ogni tanto commenta. Il moderatore è Alessandro Cannavò. A lato
in piedi c’è il padre, Candido Cannavò, seduta davanti in prima fila la
madre, Franca Roberto, accanto alla Prina. La conversazione comincia sul verbo costruire:
prima il fisico, Roberto risponde che non basta la preparazione atletica,
va modellato per acquisire la capacità tecnica di affrontare le difficoltà
in sicurezza, anche se mai si è del tutto sicuri. L’altezza comporta meno
velocità. Poi il viso. Dice che avere la faccia da bravo ragazzo spesso
comporta critiche di scarsa espressività, non solo nei suoi confronti ma
per esempio anche in quelli dei bellissimi di Hollywood, che ricevono
l’Oscar solo per ruoli in cui si imbruttiscono e fanno scoprire quanto
sono bravi. Partners: della Guillem dice che ha un fisico
anomalo perché è più da atleta che non da ballerina. Ferri è passionale e
con lei ci sarà il debutto in Dama delle camelie, balletto clou della
stagione, ruolo completo. Nella danza è impossibile staccare, ma tutto è
ripagato dalle soddisfazioni. Momenti in cui odia la danza? E’ consapevole
della crudeltà di un’arte esigente. Si può protrarre la magia cambiando
ruoli ma si deve trovare la forza di lasciare. I media hanno impiegato un po’ ad accorgersi di
lui: in ogni caso è ben felice che sia celebre solo per quello che balla e
non per la vita privata che comunque fatica ad avere. I fans gli fanno
piacere, specie quelli che gli scrivono messaggi anche se lui non
risponde. Lo lascia incredulo essere considerato un riferimento sia per
chi studia danza sia per tutti gli altri che ammirano la sua carriera. Gli interventi del pubblico iniziano con la Prina e
la moglie di Cannavò che ricordano come il suo successo sia frutto
dell’aver sempre tenuto la testa a posto. Ricordano che appena finita la
scuola nel 1994 andò a ballare la Giara in Sicilia e guadagnò il suo primo
riconoscimento. Un’altra insegnante gli chiede se sia da privilegiare la
tecnica o la personalità. Lui risponde che la tecnica è funzionale, che la
scuola deve trasmetterla assieme alla disciplina. Quando vede che prendo il microfono dice: “Ah, la
Susy!”. Gli chiedo del suo debutto nella Carmen di Petit a Reggio
Calabria. Racconta come sia stato ospite da Petit a Ginevra 3 giorni per
imparare il ruolo, così sensuale. Temendo che il risultato non fosse
soddisfacente ha preferito presentarlo per prova ma visto il buon esito
spera di poterlo riproporre presto. Gli viene chiesto se ama ballare nelle opere e
risponde che di solito lo fanno ballare in opere che non gli piacciono.
Citando i titoli ovviamente elenca le varie Aida, la Gioconda, Moise ed
Europa Riconosciuta. Gli suggerisco Dom Sebastien a Bologna e lui
raccoglie il suggerimento dicendo che è una bellissima opera di Donizetti. Le altre domande sono sempre meno significative:
una mamma dice che la sua bambina vorrebbe vederlo nel ruolo di Petruccio
della Bisbetica domata e lui risponde che non lo farà mai. Una dice di
essere di Vercelli. Una dice che la nonna ultraottantenne è una sua fan.
La conclusione è che fa una vita strettamente professionale e non mondana. Susy
|