Trittico, Napoli, Maggio 2004
1 maggio Eccoci in treno, diretti a Napoli.
Siamo i primi 4 a partire, gli altri bollerini ci raggiungeranno parte in serata
e parte la mattina dopo. Per me è il primo spettacolo al Teatro di San Carlo e
sono impaziente. 2 maggio Oggi è il giorno dello spettacolo.
Passiamo dalla biglietteria per ritirare i nostri biglietti: occuperemo un
intero palco centrale di 1.o ordine. Ma prima ci concediamo una mattina da
turisti, con visita al Museo di Capodimonte. La Bayadère è il mio balletto
preferito fra i classici del repertorio e il trittico si apre con "Il regno
delle ombre" rimontato da Derek Deane. Sento la mancanza del primo incontro
tra Solor e Nikiya, così pieno di slanci gioiosi e di caldi sguardi tra i due
giovani innamorati. Qui c'è l'atmosfera astratta e ipnotica di un mondo irreale
dove i sentimenti sono cristallizzati, un sogno senza tempo significativamente
introdotto dalle 24 ombre. Quando lasciano il palcoscenico irrompe Roberto,
accolto da un lungo applauso. Anzichè il costume azzurro previsto dalla
produzione, indossa il consueto corpetto marrone usato in Scala. I suoi
movimenti felini e allo stesso tempo regali divorano lo spazio fino ad
arrestarsi ai piedi della visione dell'amata, un'altera Svetlana Zakharova.
L'adagio è mozzafiato, con equilibri, estensioni e cambré di un'omogeneità
indiscutibile. La coppia è veramente all'unisono e da subito viene premiata dal
riconoscimento del pubblico. Molto buone anche le tre variazioni delle ombre.
L'orchestra non sembra sostenere il Divino durante il manège della 1.a
variazione, ma poi migliora. Ogni virtuosismo viene affrontato e superato senza
affanni da entrambi i protagonisti e Roberto regala in chiusura della 2.a
variazione il manège con la consueta serie di double assemblé en tournant
eseguita come lui ci ha abituato ad ammirare. Nella 2.a parte il trittico propone una creazione intitolata "La solitudine del vento", piacevole ma non memorabile, per poi chiudersi con "L'Arlesienne" di Roland Petit in cui Giuseppe Picone fornisce un'ottima prova. Peccato che al momento degli applausi tutto venga rovinato ai miei occhi da una specie di sceneggiata poco apprezzabile e molto ridicola. All'uscita degli artisti non volgiamo nemmeno uno sguardo, sicuri che Roberto abbia lasciato già da tempo il teatro. Ci dirigiamo verso la pizzeria in cui abbiamo deciso di cenare tutti insieme prima che un gruppetto di noi si diriga alla stazione per tornare a Bologna. All'incrocio vediamo con stupore il Divino svettare tra familiari suoi e di Petra Conti. Attendiamo che li congedi per avvicinarci e salutarlo. La nostra trasferta termina nel migliore dei modi. Susy |