Onegin, Milano, Settembre 2012

 

 

7 settembre

L'incantesimo si ripete. Sono a Milano, la Scala mi accoglie con le sue luci sfavillanti, le sue poltrone in velluto rosso, gli stucchi dorati. La magia di una serata a teatro pervade in profondità il mio spirito: il Divino ballerà nuovamente per coloro che lo amano. 
L'Onegin è qualcosa di nuovo per me: un balletto mai visto, un balletto sconosciuto, ma un balletto che, a detta di molti, riuscirà a farmi provare emozioni indescrivibili, come succede sempre quando Roberto si esprime sul palcoscenico. 
Lo spettacolo, suddiviso in tre atti, sembra rappresentare una sfida impegnativa per il nostro artista, ma sembrano non esistere dubbi su chi vincerà questa sfida.

I tre atti hanno luogo in una sorta di crescendo artistico, nel quale il pathos della trama si miscela perfettamente alla sublime arte della danza. Anche la performance di Roberto è un sublime crescendo che esplode nel terzo atto finale. 
Il primo atto mette in mostra un Evgenij altero, superbo, quasi glaciale nel suo distacco da quelli che sono i sentimenti umani, magnificamente rappresentati dall'amore di Tatiana. La figura di Onegin sembra impercettibile nell'economia del primo atto, ma la presenza fisica di Roberto è quanto mai evidente e per nulla episodica. Il suo magnetismo attira l'attenzione. 
Il secondo atto rappresenta una sorta di sentiero verso la tragedia. Lungo tale sentiero cammina la disperazione di Tatiana a causa sia dei sentimenti non corrisposti che della corte sfacciata che Onegin rivolge ad Olga. Roberto interpreta la parte da par suo, apparendo persin "crudele" nella sua irritazione nei confronti di Tatiana, colpevole solo di amarlo. La noia del giovane aristocratico sembra non avere limiti e la tragedia finale, con il duello e la morte di Lenskij, sembra un epilogo annunciato. Il Divino, chiamato ad una prova di maturità interpretativa, dà ampia dimostrazione della sua classe. 
Il terzo atto è il capolavoro di Roberto. Devastato nell'animo dalle delusioni dell'esistenza, Roberto-Evgenij si rende conto di quale colpa egli si sia macchiato disdegnando in maniera crudele l'unico vero amore della sua vita. I lineamenti tirati del viso del Divino e i suoi capelli grigi sono testimoni del 
dolore e del rimorso provati per dieci lunghi anni. Roberto, con la sua arte e le sue doti interpretative, cerca di rimediare agli errori del passato, ma è troppo tardi. Le colpe, prima o poi, si pagano. E Roberto, con la sua classe, ci fa capire, in un duetto finale di amore e disperazione, che la sua vita è finita, che per lui non ci saranno altre occasioni. 
E sulla faccia tirata e disperata del Divino, segno inequivocabile dello "scialo della vita", si chiude lo spettacolo.

Sono senza parole; emozionato applaudo mentre Roberto viene più volte chiamato al proscenio. Il Dio della danza ha trionfato nuovamente: in una dimensione romantica e incantata, ha saputo conciliare le fredde osservazioni della ragione con le note dolorose dell'amore. 
Se da Roberto ci si aspettava maturità artistica ed interpretativa, bene, tale aspettativa non è andata delusa.

Giuseppe

10 settembre

Strano il luogo di partenza… strano il giorno in cui andiamo allo spettacolo ma prontissime per Onegin!!!!! La partenza romagnola comporta un’ora di strada in più, bisogna quindi anticipare la partenza, ma si fa ben volentieri: al mattino passeggiata sulla spiaggia e nel primo pomeriggio partenza per Milano, per la grande serata. Il tempo è favorevole, il traffico non troppo intenso e l’ora in più vola…. A Milano davanti al teatro ci aspettano le altre bollerine con cui beviamo qualcosa: stiamo aspettando di conoscere nuovi aspiranti bollerini provenienti da Roma…. ci vedremo dopo lo spettacolo all’uscita artisti, quando l’adrenalina del pre-spettacolo inizia a calare e negli occhi si ha quanto visto in scena. E’ tempo di rivedere Onegin, l’ho già visto con Roberto, ma mi piace rivedere i ruoli che ha già danzato, a distanza di tempo, quando il personaggio ha lavorato dentro di lui ed Onegin, l’eroe negativo, il dandy annoiato di tutto, mi incuriosisce particolarmente. Quindi mi siedo ed aspetto di vedere le sorprese che mi riserverà Roberto.

E’ strano vederlo fare l’annoiato, l’egocentrico ed egoista, quello che si stanca e beffa di tutto, quello capriccioso che per diletto irrita il suo più caro amico al punto di sfidarlo con tragico epilogo. Come può Tatiana innamorasi di un personaggio tanto negativo??? Onegin sa ammaliare, sa essere affascinante, sa condurre il gioco fino a stregare la povera ed innocente Tatiana. Ma d’altronde come potrebbe lei innamorarsi se lui non avesse qualcosa che la attira?
Lo rivediamo dopo tanto tempo, quando gli anni sono passati, quando invecchiato ritrova Tatiana… c’è un attimo, alla festa, in cui, pensieroso mentre le ballerine entrano facendo piccoli e veloci passaggi con lui, mi illudo che sia cambiato, che sia diverso, che nel tempo che gli rimane “pentito” sia cambiato, che riesca a trovare quella pace che gli è mancata in gioventù. Le mie speranze crollano in breve, Onegin è sempre uguale a sé stesso, tutto rimane sullo stesso piano per lui che sia la vita o che sia la morte, che sia l’amore, che sia un gioco me lo dimostra nell’incaponirsi alla conquista di Tatiana. La ama veramente? Ovviamente no, è solo quello che avrebbe rappresentato la sua vita con una scelta diversa. Disegna attorno a lei, con le braccia, un anello che ne rappresenta il possesso, e nella lunga diagonale in cui lui è in ginocchio si lascia trascinare da Tatiana, come un peso morto.Non lo fa perché ama Tatiana, ma perché è nel suo carattere divertirsi andando a turbare la tranquilla vita dei coniugi Gremin. Durante tutto il corso del balletto mi risuona nella mente l’Odi et amo catulliano, perché per me Roberto ed il suo Onegin sono un controverso groviglio di sentimenti e sensazioni: lo amo nella prima variazione in cui si racconta a Tatiana, lo odio in quella sua coerente caparbietà ed atteggiamento dandy, lo amo negli splendidi passi a due travolgenti e spericolati ideati da Cranko, dove una straordinaria ed assolutamente perfetta Maria Eichwald, si lancia con trasporto e fiducia, ma dove, anche nel passo a due dello specchio, dove vediamo Onegin attraverso gli occhi di Tatiana, incombe il presagio negativo del futuro, dato proprio da queste continue situazioni di pericolo. Odio questo Onegin che non cambia mai, sempre uguale a sé stesso, la sua vita avrebbe potuto ben essere diversa, un po’ meno annoiata ed un po’ più felice.

Gli applausi finali, infiniti, intensi e calorosi sono il meritato tributo ad una recita indescrivibile, i protagonisti sono soddisfatti. Ci avviamo all’uscita artisti, dove conosciamo le aspiranti bollerine romane, Roberto esce estremamente soddisfatto, felice, travolto dall’entusiasmo della folla come accade ormai a tutte le recite. Lo salutiamo e lui chiede di scattare una foto insieme; poi ci avviamo: alcuni bollerini alla meritata cena, altri all’autostrada per il ritorno a casa. Guidare di sera purtroppo di recente, mi crea qualche difficoltà, ma parlare dello spettacolo, di Cranko, di Pushkin e di quanto entrambi avrebbero apprezzato Onegin stasera mi tiene ben carica e sveglia… mi sembra addirittura di vedere meglio! Sto pensando che ho scritto Roberto pochissime volte in questo racconto e tantissime Onegin, non è colpa mia ma di Roberto: è lui che non si è limitato ad interpretare Onegin ma lo è proprio diventato in tutto e per tutto. Divino Roberto Bolle!!!!

Sara

HOME